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giovedì 23 novembre 2017

UNA TAZZA DI TE’

di Giovanna Rotondo Stuart


“Una tazza di tè” pensò, ancora quasi dormendo. “Mi alzo e mi faccio una bella tazza di tè nero, nero e forte”. Era il suo primo desiderio al mattino appena sveglia e, di solito, subito dopo saltava giù dal letto, ancor prima di aprire gli occhi, per andare a mettere il bollitore sul fuoco. Un piacere irrinunciabile da molti anni e il modo migliore per iniziare la giornata.



La sensazione di un impedimento la trattenne. Un impedimento dapprima quasi impercettibile, ma che aumentò sensibilmente dopo alcuni istanti. Si concentrò per capire quale fosse la causa del suo malessere. La colpì quello strano silenzio che la circondava, un’ assenza totale di suoni familiari: i fruscii dei gatti, lo scricchiolio del parquet, l’abbaiare lontano dei cani… nulla! Regnava un silenzio totale, pesante. Era disorientata, avvertiva qualcosa di non familiare, di estraneo, intorno a sé. Non sentiva sulla pelle il lenzuolo in cui si avvolgeva sempre mentre dormiva… non c’era! Era sdraiata supina, in una posizione molto composta, lei che si muoveva nel letto come se stesse nuotando. Tentò di muoversi piano… le sembrò che le mancasse lo spazio; cerco di fare un respiro profondo… annaspò per la presenza di un odore sconosciuto; un odore che le fece trattenere il respiro. L’ansia la sconvolse! Non aveva ancora aperto gli occhi, continuava a tenerli chiusi per la paura. Voleva muovere una mano per toccare il vuoto, ma era come paralizzata. Rimase immobile, cercando di controllare quel groviglio di tensioni, doveva rilassarsi: “Non lasciarti  prendere dal panico” si disse “sii brava, rilassati, non è nulla, è solo un brutto sogno, un incubo”. L’attesa diventava intollerabile. “Devo fare qualcosa” mormorò infine tra sé e sé. Tuttavia non sapeva che cosa, la terrorizzava scoprire di essere in una bara, morta eppure viva, pur non osando neanche pensarlo quel timore era inconsciamente radicato dentro di lei. Faceva parte dei racconti della sua infanzia, quando, intorno al fuoco, lei ascoltava, bambina, la sua nonna e la sua bisnonna narrare storie macabre di fatti accaduti metà di qua e metà di là, lasciandole lo sgomento dell’ignoto. “Devo fare qualcosa” si ripeté decisa, non posso stare qui terrorizzata per l’eternità: devo aprire gli occhi. Li strinse e, con immensa fatica, li aprì.
Una donna, con indosso un indumento verde, era china su di lei e la guardava. “Sono venuta a prenderla”. le disse e aggiunse. “E’ tutto finito”. “Una tazza di tè” le sussurrò lei, quasi implorandola. “Vorrei bere una tazza di tè nero, nero e forte, per favore”.
“Non si preoccupi” le rispose la donna con voce gentile “fra non molto potrà berlo”.  E si mise a spingere il lettino.


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