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sabato 20 gennaio 2018

I 154 sonetti di Shakespeare e...

di Mimma Zuffi


Tu che mi stai leggendo non berli ingordamente. Non leggerli in una sola volta, ma assaporane ogni singola parola e che almeno uno al giorno (per 154 giorni) ti accompagni nel tuo faticoso percorso di vita.

Uno dei temi a me cari è quello del "tempo" che trovo nel numero 19, dove Shakespeare apostrofava il tempo con un' apertura drammatica, utilizzando una parola densa: "devouring". Violenza del tempo divoratore messo a confronto con elementi  violenti della vita naturale, che vengono da esso divorati. E poi che dire dell'immagine della Fenice? Nascere, morire, rinascere.




C'è anche una sorta di memoria mitica (la terra che mangia i suoi figli, reingoiando la vita da lei stessa generata). Potrei anche parlare dell'effemerità, ma non mi sembra il caso di tenere una lezione. Sono solo spunti che mi sono sorti spontanei aprendo a caso un libro a me tanto caro.

Devouring Time, blunt thou the lion’s paws,
And make the earth devour her own sweet brood;
Pluck the keen teeth from the fierce tiger’s jaws,
And burn the long-lived phoenix in her blood;
Make glad and sorry seasons as thou fleet’st,
And do whate'er thou wilt, swift-footed time,
To the wide world and all her fading sweets;
But I forbid thee one most heinous crime:
O carve not with thy hours my love’s fair brow,
Nor draw no lines there with thine ántique pen.
Him in thy course untainted do allow
For beauty’s pattern to succeeding men.
  Yet do thy worst, old Time; despite thy wrong,
  My love shall in my verse ever live young.


Tempo divoratore, spunta pure gli artigli del leone,
e fai in modo che la terra divori la sua stessa prole;
strappa pure i denti aguzzi dalle fauci della fiera tigre,
e fai ardere l’immortale fenice nel suo sangue;
rendi pure belle e cattive le stagioni mentre tu corri veloce,
e fai ciò che vuoi, Tempo dal rapido passo,
al vasto mondo e a tutte le sue effimere dolcezze,
ma ti proibisco il peggiore dei crimini:
non incidere con le tue ore la fronte del mio amore,
non disegnarci sopra linee con la tua antica penna;
Lascia intatto durante il tuo corso
l’esempio della bellezza ai posteri.
Ora fai il tuo peggio, antico Tempo: nonostante il tuo male,
il mio amore vivrà giovane in eterno nei miei versi.

1 commento:

  1. Una riflessione su un sonetto paradossalmente "spietato", eppure vero e coraggioso nel definire il Tempo, quasi sfidandolo, poiché vi è qualcosa che va oltre il tempo stesso...

    E saggia l'idea di essere il tempo: non divorare i sonetti,ma uno al giorno, come viatico di bellezza e arricchimento.
    Grazie Mimma, per i tuoi spunti, le tue riflessioni che affondano nel mito, e i tuoi suggerimenti! A.

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