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lunedì 11 settembre 2017

Il regalo di compleanno


 di Giovanna Rotondo Stuart


“I love you”. Furono le uniche parole che poté dire. Aveva due scelte: il vuoto o le fiamme. Nient’altro.
“Voglio stare alcuni momenti solo con te, bambina mia, parlarti”.
E chiuse gli occhi, avviandosi piano verso la finestra. Ebbe un momento di esitazione, poi, prima di lasciarsi andare, si mise a parlare con dolcezza, quasi un mormorio, allungò la mano per  stringere una manina con un gesto lieve e tenero, le fiamme ormai lambivano il suo corpo:
“Buon Compleanno, piccola!”


“Grazie papa! Da oggi non ho più quattro anni, vero?”
“No. Ne hai cinque. Questo weekend andremo al parco, io e te soli. Lasceremo a casa la mamma che ne approfitterà per farsi bella. Che ne dici?”
“Andremo anche sullo scivolo e a vedere la vasca dei pesci?”
“Tutto ciò che vorrai, sarai la mia girl friend!”
“Che bello papà, ci divertiremo un mondo. Possiamo mangiare il gelato fragoroso?”
“Certo, ma non ti piaceva il gelato al cioccolato?”
“Adesso mi piace anche quello alla fragola”.
“A sera passeremo a prendere la mamma e ceneremo tutt’e tre insieme”.
“Sììì… Sai papà, il mio orsetto ha perso un occhio. La mamma dice che dobbiamo portarlo dal dottore. Lui ha quattro anni, uno meno di me, ma non va alla scuola materna. Chissà come si annoierà a casa, tutto solo”.
“No, non si annoia. Ti aspetta sempre”.
“Come me quando aspetto te che non arrivi?”
“Mi dispiace cara. A volte sono costretto a far tardi per il lavoro. Ti voglio rivelare un segreto: quando sono lontano, ricorda che ti voglio tanto bene”.
“Anche alla mamma?”
“Si, siete le donne della mia vita. E voglio occupare un posto speciale nel tuo cuore: anche se tu non mi vedrai, io ci sarò”.
“Come sei serio, papà.”
“Ti ricordi la settimana scorsa al mare? Ti portavo sulle mie spalle, andavamo lontano al largo per ore, è stato bello, vero?”

“Sì, bellissimo, torniamoci presto.”
“Ascoltami Carol, devi imparare a nuotare bene, io ti seguirò e avrò cura di te. Prometti?”
“Ma io nuoto già, papà, mi hai insegnato tu”.
“Sì, ti muovi bene in acqua, ma devi imparare ancora meglio”.
“Ti prometto che diventerò bravissima e ci divertiremo tanto”.
“Io veglierò su di te… sarà il mio regalo di compleanno: diventerò il tuo “Angelo Custode”.

Un’adolescente graziosa, con i capelli lunghi, sciolti sulle spalle, cammina assorta lungo la spiaggia. A volte si ferma, si guarda intorno, osserva ogni particolare con attenzione, come se volesse ritrovare o ricordare momenti già vissuti.
“Era proprio qui che mi mettevi sulle spalle”, mormora tra sé, avviandosi lentamente verso l’acqua, si lascia avvolgere dall’abbraccio delle onde ad occhi socchiusi, sorridendo “Amo il mare”.
Nuota piano, rilassata, si muove in armonia con tutto ciò che la circonda:
“Mi piacerebbe diventare una biologa marina, penso che sia una lavoro che farei volentieri. Conoscere il mare e le sue creature mi affascina”, il suo sguardo vaga lontano, “La favola della sirenetta era la mia storia preferita”, fa un guizzo sott’acqua per riapparire poco dopo, sorride ancora, “poi stare in acqua mi diverte”.
Sembra appoggiarsi alle onde per un momento, allunga una mano… le sfiora come in una carezza: ”Mi sei mancato papà, il desiderio di abbracciarti, di toccarti era grande, ma ti ho sentito vicino a me, in ogni momento” sussurra, “sono passati dieci anni dalla nostra vacanza, stavamo in acqua tutto il giorno o cercavamo conchiglie aspettando il tramonto. Di notte mi mostravi le stelle e io mi addormentavo tra le tue braccia”, sospira e continua, come a voler comunicare qualcosa della sua vita:
“La mamma mi ha permesso di venire. E’ il regalo per il mio compleanno. Ci tenevo tanto, siamo venute io e lei”. rallenta il ritmo, un poco turbata “La settimana prossima ci recheremo a New York. Io preferirei non andarci, ma la mamma lo desidera molto. Verrà anche Alan, lui si prende cura di noi e io gli sono molto affezionata”, fa una pausa e, con una nota gioiosa nella voce, aggiunge:
“presto nascerà il mio fratellino, sono molto contenta di avere un fratellino. Gli insegnerò a nuotare!” un pensiero le attraversa la mente, chiude gli occhi commossa e dice in un bisbiglio:
“Noi saremo sempre le donne della tua vita. Grazie, papà!”

Undici Settembre duemilaundici, ore nove. Un’adolescente graziosa, dai lunghi capelli castani, pone un fiore su Ground Zero. Non è l’unica a compiere il gesto, ci sono altri figli, mogli, genitori a rendere omaggio alle vittime di quel giorno. Più tardi, in un convegno commemorativo, la stessa fanciulla, visibilmente emozionata, sale su una pedana e incomincia a parlare.
“Mi chiamo Carol, ho quindici anni. Mio padre, l’undici settembre di dieci anni fa, si trovava al di sopra della linea colpita dagli aerei. Non avrebbe avuto scampo insieme alla maggior parte di altri sventurati che erano in quella zona. Lui riuscì a parlare al telefono a mia madre e le disse solo: “I love you”. Null’altro. Non l’abbiamo più ritrovato, né avuto sue notizie.
Era il mio compleanno, mi aveva promesso che avrebbe fatto il possibile per rientrare presto e spegnere le candeline con noi. Ricordo di averlo aspettato a lungo. La mamma mi accarezzava e aveva gli occhi rossi.
Da quel giorno io sento la sua presenza accanto a me, sempre. A volte, quando sono triste, avverto un soffio lieve sulla mano.
Dieci anni fa abbiamo avuto la fortuna di trascorrere un periodo di tempo al mare, insieme. E’ stato così bello che non volevamo ritornare. Papà riuscì a prolungarlo di qualche giorno. Io, oggi, voglio ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile quei momenti indimenticabili: un grande dono fatto a tutti e tre. E’ stata una vacanza meravigliosa, alle origini della mia vita e del mio futuro.
In quella vacanza il mio papà nuotava per lunghi tratti, portandomi sulle sue spalle, mentre io gli davo tanti baci sulla nuca e gli facevo il solletico. Parlavamo sempre. Mi insegnò a galleggiare e a guardare le stelle, di notte. Mi raccontava le storie del mare e delle sue creature.
Non dimentico nulla di quei momenti e sono grata per averli vissuti. Ogni volta che nuoto nel mare è come se lo facessimo insieme. Io gli parlo dei miei progetti e dei miei sogni. Lui veglia su di me”.



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