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giovedì 14 luglio 2016

Miles Davis, la libertà nella musica


di Marina Fichera

“Non suono il rock: rock è una parola inventata dai bianchi. Non amo neanche la parola jazz che i bianchi ci hanno appiccicato addosso. Noi suoniamo semplicemente nero e suoniamo secondo l’aria dei tempi» (Miles Davis )

La musica è un messaggio universale, come la libertà. Dai canti dei primi schiavi nel Sud degli Stati Uniti alle litanie della retorica in lutto - inni a quella nuova vita che la lotta politica e armata, il rigore e la perseveranza, il coraggio dell’uomo «pronto a morire» per un Sudafrica diverso da quello dell’apartheid ha reso possibile - per onorare Nelson Mandela, passando per il jazz, il blues, fino al rap e l'hip hop, la musica è libertà. E c'è chi la sa vivere fino in fondo, questa libertà, come Miles Davis.

      Foto: Tom Palumbo



Il geniale trombettista afroamericano, scomparso più di vent'anni fa, è stato un uomo che vedeva oltre il proprio tempo. Un innovatore, un ribelle e, nonostante debolezze e cadute, un uomo libero che ha saputo sempre rialzarsi.  
Miles Davis nasce il 25 maggio 1926 nel bianco Illinois rurale - in una società ancora fortemente impregnata di odio razziale - da un' agiata famiglia medio borghese che ha lottato per l'abolizione della schiavitù. È figlio di un'élite afroamericana borghese e colta, una madre violinista e pianista che gli trasmette l'amore per la musica, un padre medico odontoiatra che gli infonde un profondo orgoglio di razza. 
Riceve in regalo la sua prima tromba all'età di sei anni, e già dopo pochi anni di studio capisce che non seguirà le orme paterne, ma farà il musicista. Decide anche di non assecondare la madre che avrebbe preferito gli studi classici del violino a quelli non colti della tromba e del jazz.
Già mentre frequenta le scuole superiori inizia a suonare regolarmente in un jazz club, ed è determinato a diventare un grande musicista. Ancora adolescente, il suo maestro, capendo che non ha ancora sviluppato un proprio carattere musicale, gli dice “Smettila di far vibrare e tremare le note. (…) Sviluppa il tuo stile, suona chiaro: sono certo che lo puoi fare. Hai talento per diventare tu stesso il tuo trombettista preferito”(1) . E Miles, ragazzo precoce e ambizioso, comprende che cosa significa la libertà di esser unici.
Nel settembre 1944 è a New York per studiare alla Juilliard School, considerata la migliore scuola di musica degli Stati Uniti. La scuola in realtà è una scusa per entrare in contatto con il vero mondo del jazz: i club, le band, la vita notturna. La guerra mondiale infiamma ancora l'Europa e a New York il jazz infiamma le platee. 
E' in questo periodo che conosce musicisti già affermati come Charlie “Bird” Parker, Dizzy Gillespie, Charles Mingus, Gerry Mulligan e soprattutto Gil Evans. Lo stretto e fertile rapporto musicale tra i due sfocerà nella nascita del cool jazz. Un genere nuovo, che nasce da profonde radici afroamericane, e porta una ventata di melodica freschezza rispetto al capriccioso e ribelle be-bop in auge in quegli anni.

Move da Birth of the Cool 

A metà degli anni '50 Miles Davis è già considerato un punto di riferimento della musica jazz. Purtroppo nel frattempo la frenetica vita newyorkese ha avuto il sopravvento, e anche Miles si è fatto intrappolare nel vizio della droga. Nel '54 si ritira in una tenuta paterna per disintossicarsi, e poi di nuovo in sala di registrazione. 
Non solo la passione per le belle donne, ma anche gli stupefacenti saranno una costante nella vita del grande artista. Libertà e prigionia s'intrecciano e s'inseguono per decenni, come note e pause nel ritmo vorticoso di una vita fuori dal comune. E' un continuo cambio di tonalità, di eccessi, di trionfi e fiaschi.
Miles Davis vuole che la sua musica, spesso considerata difficile perché sempre in anticipo sui tempi, sia ascoltata e apprezzata da tutti. La musica jazz non deve essere riservata  a pochi eletti, ma deve poter circolare liberamente, e i dischi sono il mezzo ideale. 
Nel 1958 pubblica Porgy and Bess, superba rivisitazione strumentale dell'opera di Gershwin, e poco dopo, nel 1959, l'immenso Kind of Blue.
Kind of Blue riunisce il gotha dei jazzisti del momento – tra cui John Coltrane, Julian "Cannonball" Adderley e Bill Evans – ed è tuttora l'album jazz più venduto nella storia della musica. L'album semplicemente perfetto. Con questo disco Miles apre un nuovo entusiasmante capitolo nella storia della musica: il jazz modale. 

Blue in green da Kind of Blue

Il cambiamento è però sempre necessario, così come nella musica, anche nella vita del trombettista, e negli anni '60, in un periodo ricco di fermenti e tormenti sociali e politici, Miles abbraccia la causa della lotta antirazzista e dell'africanità. Pubblica la cosiddetta Trilogia Africana: Nefertiti, Filles de Kilimanjaro e Bitches Brew. 
Copertina LP "Bitches Brew"

Quest'ultimo album, registrato nel 1969 e pubblicato nel 1970, è l'ennesima, sorprendente svolta del trombettista. Il jazz e il rock sono come fusi tra loro, in un sound elettrico, inconfondibile e inimitabile. Miles porta la sua nuova rivoluzione musicale alla popolare ribalta dei giovani figli dei fiori, partecipando al famoso concerto sull'isola di Wight.

Live at the Isle of Wight Festival 

Al successo di quegli anni segue un periodo tristemente buio. Un gravissimo incidente stradale, la salute malferma e la cocaina lo portano, nel 1974, a meditare di ritirarsi. La sua voglia di vita, e con essa la sua musica, si spengono. La depressione lo paralizza. 
Il blackout artistico e umano dura fino all'inizio degli anni '80, quando Miles decide che è il momento di riprendere in mano la tromba, e con essa la propria vita.
Sono passati però quasi sei anni e la risalita dal baratro si rivela molto più difficile del previsto. The man with the horn, del 1980, tra i primi lavori di questa nuova fase di transizione, viene stroncato dalla critica che definisce il trombettista “il fantasma di se stesso”.  
Ci vorranno almeno altri due anni, una nuova band e alcune tournée in Europa e negli Stati Uniti per recuperare la perduta popolarità. Nel 1982 We want Miles vince un Grammy Award e Davis è proclamato jazzista dell'anno. La seconda metà degli anni ’80 segna l’ennesima rinascita, con un pieno ritorno al successo di pubblico e critica.
In questo nuovo fermento creativo il periodo 1986-91 è ancora dedicato all'Africa. Pubblica Tutu e, nel 1989, Amandla, slogan nelle manifestazioni politiche contro l’apartheid Sudafricano che in lingua zulu significa potere, ma che per Miles significa libertà. 
Nel 1991 la nuova svolta, con l'album postumo Doo Bop, concepisce il jazz hip hop. Partendo dalle periferie urbane di New York fonde suoni, ritmi, voci in uno splendido esperimento di libertà e di futuro.
    Copertina LP Doo-Bop


Futuro che gli è negato nel settembre 1991, quando muore improvvisamente, per un attacco cardiaco. 
Con la scomparsa di Miles Davis se ne va uno dei più validi musicisti del secolo scorso. Un artista che ha rivoluzionato la musica, non solo jazz - ideatore tra l'altro del cool jazz, dell'hard bop, del modal jazz e il jazz elettrico o jazz rock - ma soprattutto un uomo che ci ha regalato una costante e visionaria idea di libertà. 

(1) Da Miles Davis Principe delle Tenebre di G. Nissola Edizioni ETS



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