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giovedì 12 maggio 2016

Sikkim e Bengala dell’ovest: viaggio nell’Himalaya indiano

Appunti sparsi di viaggio di Marina Fichera

Un viaggio sull'Himalaya è un percorso nella natura mistica dell'uomo. Qui il trascorrere della vita è paragonabile a un intervallo tra l'atto di girare le ruote da preghiera e l'esecuzione delle tre prostrazioni a Buddha. Tutto è regolato dalla disciplina buddista. Tutto scorre e rinasce, in  un alternarsi delle vicende umane, della buona e della cattiva sorte, del succedersi delle generazioni e degli eventi che prima o poi ti porterà a essere felice, ma anche al suo esatto contrario. Tutto ti ricorda che puoi scegliere di non scegliere, desiderare di non desiderare e che solo attraverso il distacco dal mondo materiale si può raggiungere il Nirvana. 


Ruote da preghiera buddiste (foto di Marina Fichera)
Ora che sono stata sull'Himalaya capisco perché Tiziano Terzani decise di trascorrere parte dei suoi ultimi anni su queste montagne: per essere vicino all'Assoluto ancor prima di lasciare il mondo terreno.

Cartello appeso in un tempio buddista nel Sikkim (foto di Marina Fichera)

Indipendente fino al 1975 - anno in cui il regno fu annesso alIo Stato Federato dell’India - il Sikkim è una minuscola regione himalayana letteralmente incastrata tra il Nepal, la Cina e il Bhutan. E’ un’India che si scosta dall’immaginario classico di Calcutta o del Taj Mahal. La popolazione è in maggioranza nepalese, diversa rispetto al resto del paese sia nella lingua – il nepali anziché l’hindi o il bengali -  sia nella religione – il buddismo invece dell’induismo -  ed è consapevole che l’India la protegge dalla longa manus  cinese. 

Bambini in una scuola del Sikkim (foto di Marina Fichera)

Il Kanchenjunga, terza vetta più alta del mondo, con i suoi 8.586 metri s.l.m, domina la regione indiana del Sikkim. Purtroppo la primavera non è la stagione migliore, perché spesso il cielo è grigio e nubi e nebbia ne impediscono la vista. Riesco ad ammirarne la magnifica vetta imbiancata, pallida e distante come fosse un miraggio, solo per pochi minuti da Darjeeling, nel Bengala dell’ovest, a sud della catena himalayana. È un sogno che si realizza davanti ai miei occhi, la maestosità di queste montagne mi fa render conto di quanto piccola e breve sia la mia esistenza umana, ma questo non mi crea sconforto, anzi, mi fa sentire in armonia con la Natura. 

Il Kanchenjunga (foto di Marina Fichera)

Case tinte di verde, rosa e azzurro dipingono le montagne ricoperte da una fitta vegetazione. Pareti strappate dal duro lavoro dell’uomo alla natura per creare armoniosi terrazzamenti che si snodano come onde di un mare immobile. Bandierine da preghiera che colorano ancor più la regione e litanie di preghiere buddiste che si diffondono dal lettore cd dell’auto su cui percorro impervie e polverose strade.  Sguardi incuriositi di persone sul ciglio della strada di minuscoli villaggi. Mentre viaggio per le strade del Sikkim tutto contribuisce a rendere l'atmosfera piena di pace e serenità, in una sensazione senza tempo, senza un vero e proprio luogo.

Terrazzamenti in Sikkim (foto di Marina Fichera)
Preghiere buddiste al vento, in Sikkim (foto di Marina Fichera)

Il treno a scartamento ridotto - detto Toy Train - va da New Jalpaiguri (in pianura) a Darjeeling (a circa 2.200 metri) e impiega ben sei ore per compiere gli ottanta chilometri scarsi che separano le due località del Bengala dell'ovest. Eredità dell'impero inglese, il trenino blu si muove su un unico stretto binario, passando lentamente e faticosamente dalla gialla vallata alla verde montagna, sfiorando con continui zigzag la roccia e le coloratissime case arroccate sui pendii himalayani o affacciandosi sugli strapiombi, in un lento e sinuoso movimento. Il treno, patrimonio dell'umanità, é composto da due carrozze trascinate da una vecchia locomotiva a vapore che riesce ancora a fischiare in continuazione. D'altra parte siamo in India, sia mai che un mezzo in movimento non urli al mondo il proprio "lasciatemi passare!".
  
La mappa del Darjeeling Himalayan Railway (foto di Marina Fichera)

La regione a sud del Sikkim, il Bengala dell’ovest, si estende dalla bollente pianura di Calcutta fino alle vette himalayane di Darjeeling, a oltre 2.200 metri s.l.m. Darjeeling è  conosciuta per l’ottima qualità del suo tè nero, reso famoso dai colonizzatori inglesi che a metà del XIX° secolo ne iniziarono la coltivazione. 
Le piantagioni di camelia sinensis, la pianta da cui si ricava la profumata bevanda apprezzata in tutto il mondo, ricoprono l’intera regione, dalla pianura fino alle montagne. I piccoli cespugli di un verde splendente crescono ordinati in file parallele. Tutto è equilibrato e armonico e non ci rende quasi conto del duro lavoro di migliaia di donne che con maestria raccolgono i teneri germogli della pianta. Virgulti che saranno poi essiccati e lavorati in loco prima della selezione e commercializzazione. È il lavoro di tante donne che rende possibile il nostro effimero piacere di una tazza di tè, e forse dovremmo ricordarci più spesso la fatica che c’è dietro a tante cose che diamo per scontate.
Lavoratrice in una piantagione di thè a Darjeeling (foto di Marina Fichera)
Jaigaon - nel Bengala dell’ovest, ai piedi della catena Himalayana - e Phuentsholing - in Bhutan - viste dall'alto dei monti bhutanesi sembrano un unico agglomerato urbano. Dal fianco della montagna la caldissima pianura, gialla e brulla anche se circondata da un largo fiume, sembra uniforme, e non si riesce a distinguere la differenza tra le due zone di confine. 
Invece là sotto è come se il paradiso e l'inferno fossero vicini di casa. Magrissime vacche che ruminano tra montagne di spazzatura, fetore, smog, clacson imbufaliti e umanità in continuo movimento dal lato indiano; dall'altro regnano ordine, pulizia, silenziose gigantografie del sorridente re e verdi giardinetti. Passare il confine è come attraversare uno stargate ed essere catapultati in un mondo opposto a quello da cui si proviene, nel bene o nel male. 
Piove nell’appiccicosa notte di Jaigaon e la corrente elettrica salta in continuazione. La città è ricoperta da uno strato di sporco incrostato di polvere e da una fittissima ragnatela di fili elettrici. I fili sbucano da ogni angolo di strada e casa, formando grovigli inestricabili che sotto la forte pioggia provocano continui cortocircuiti, non riesco a dormire dal rumore continuo. Qui tutto sembra precario, instabile. Tutto è unto e lercio, come forse solo in India può essere accettabile.
L'India é anche questo, il mistico splendore della catena himalayana accanto al colorato e caotico squallore della pianura bengalese. Il fascino dei contrasti in quel continuo gioco di ombre e luci che si chiama vita.

L'unico vero maestro non è in nessuna foresta, in nessuna capanna, in nessuna caverna di ghiaccio dell'Himalaya… È dentro di noi.
Tiziano Terzani

5 commenti:

  1. Il resoconto di un viaggio ai confini del mondo che cattura e trascina in un'atmosfera surreale tra bandierne colorate che recitano preghiere e lodano il Creato tra montagne, odori e fischi di un trenino d'altri tempi....
    grazie, Marina, per averci regalato un pò del tuo fantastico viaggio...

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  2. Bellissimo questo articolo come pure le foto e i riferimenti a Terzani. Bravissima, riesci sempre a farci viaggiare con te. Patrizia e Alice

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  3. Bellissimo questo articolo come pure le foto e i riferimenti a Terzani. Bravissima, ci fai sempre viaggiare con te.
    Patrizia e Alice

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  4. Grazie care amiche che leggete sempre i miei articoli!
    Un abbraccio
    Marina

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