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domenica 3 aprile 2016

Incontro con la poesia di Alda Merini

(di Giovanna Rotondo Stuart)


Il 21 marzo, nella ricorrenza della nascita di Alda Merini, si è inaugurata la Prima Edizione del Premio di Poesia Casa Museo Alda Merini, organizzato dalla Casa Editrice “La Vita Felice”. 
Nello Spazio Casa Museo di via Magolfa è stata ricordata, con letture delle sue opere, la vita intensa e sofferente, tuttavia “bellissima” della poetessa. 
Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle 
potesse scatenare tempesta.


Lo spazio Casa Museo di Alda Merini si trova nel cuore dei Navigli, la prima via a sinistra del Naviglio Grande, in una bella zona tranquilla.
Casa Museo di Ada Merini in via Magolfa

Alda Merini nacque a Porta Genova, in via Mangone, e visse la parte più importante della sua vita poco distante, a Porta Ticinese. 
La casa della sua infanzia venne distrutta in un terribile bombardamento quando lei era una ragazzina dodicenne e, di conseguenza, per qualche tempo fu sfollata in Piemonte, insieme alla famiglia.

Dopo essere ritornata a Milano, verso la fine degli anni '40 si trovò, ragazzina sedicenne, a frequentare persone più anziane di lei, già importanti sulla scena della cultura italiana ed ebbe una relazione, molto tormentata, con lo scrittore Giorgio Manganelli con cui visse cinque anni. Fu in quel periodo che manifestò i primi segnali di disturbo mentale e venne curata, con l’aiuto di Manganelli, che l’amava molto, da psicoanalisti illustri come Cesare Musatti e Franco Fornari. 

Scriverà Alda Merini di Giorgio Manganelli:
“Fu il mio primo amore, fu grande amore. Era timidissimo, cincischiava, arzigogolava per paura di amare…”.

Purtroppo, per ragioni familiari e per non aver superato l’esame d' ammissione al Liceo Manzoni, non aveva potuto continuare gli studi a cui teneva molto, e questo non  l’aveva aiutata.  
All’inizio degli anni '50 furono pubblicate le sue prime raccolte di versi che ebbero un’accoglienza notevole e fra i primissimi critici letterari di grande valore c’è Pier Paolo Pasolini con un articolo pubblicato sulla rivista “Paragone”, definendola, affettuosamente, “la ragazzetta milanese”. Alcune sue poesie erano state pubblicate in Antologie prestigiose come “Poetesse del Novecento”.

Si sposò, nel 1954, con Ettore Carniti, tuttavia la vita famigliare si presentò complicata, per il lavoro del marito, panettiere, che cercò di coinvolgerla nella sua attività. 
In quegli anni, tra un ricovero in manicomio e l’altro, nacquero le sue quattro figlie che non poté allevare. Il dolore per la loro mancanza non l’abbandonerà mai:
“La maternità è una sofferenza, una gioia molto sofferta. Da un amante ti puoi staccare, ma da un figlio non riesci”.
 Dei suoi ricordi manicomiali scriverà versi sconvolgenti:
Fummo lavati e sepolti, odoravamo di incenso. E dopo, quando amavamo, ci facevano gli elettrochoc, perché, dicevano, un pazzo non può amare nessuno.

Si sposò una seconda volta con Michele Pierri, un anziano medico-poeta di Taranto, città dove andarono a vivere. Fu un periodo difficile nonostante lui l'apprezzasse e si prendesse cura di lei. Rimase vedova dopo alcuni anni. Un episodio difficile e doloroso che la porterà a vivere un’altra terribile esperienza in un manicomio del luogo.

Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi: come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra. Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che  è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita.

Si possono dire molte cose di Alda Merini, parlare della malattia, della sua grande solitudine, del malessere che l’accompagnava, ma è importante leggere i suoi  scritti, le sue poesie. Nonostante tutto la sua produzione artistica è vastissima.
Fino al 2009, anno della sua morte, visse a Ripa Ticinese, in un piccolo appartamento di ringhiera, poco distante da dove era nata nel 1931.
Ricostruzione della camera studio di Alda Merini nella Casa Museo

Alda Merini trascorse gran parte della sua esistenza tra il Naviglio Grande, il vicolo dei Lavandai e Porta Ticinese: luoghi che amò e ai quali dedicò bellissimi versi.

Dalla fine degli anni ’80 Alda Merini iniziò a frequentare il bar libreria Chimera, punto d’incontro di molti artisti, tra cui Aldo Busi, un bar che stava aperto fino a notte inoltrata e lei ci passava le sue serate fino a tardi.
Aveva l’abitudine di scrivere versi dappertutto: sulle pareti, sulle sedie del bar, su pezzi di carta. Faceva omaggio delle sue poesie a chi le parlava o andava a trovarla. 


Negli ultimi anni di vita era diventata un personaggio pubblico, ed era invitata dappertutto. Le erano stati conferiti anche premi importanti tra cui il Librex Montale e il Premio Viareggio.
Emanuela, Barbara, Flavia e Simona, le sue quattro figlie, hanno scritto di lei una testimonianza toccante. 

A tutti i giovani io raccomando:
aprite i libri con religione;
non guardateli superficialmente, perché in essi è racchiuso il coraggio dei nostri padri;
soprattutto amate i poeti: essi hanno vangato per voi la terra per tanti anni, non per costruire tombe o simulacri, ma altari. Pensate che potete camminare su di noi come dei grandi tappeti e volare con noi oltre la triste realtà quotidiana.











































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