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sabato 5 dicembre 2015

OGGI PARLIAMO DI … HAYAO MIYAZAKI

di Boris Bertolini

PARTE PRIMA


Ci sono dei momenti nella vita, indubitabilmente, in cui veniamo chiamati ad affrontare delle sfide all’apparenza al di sopra delle nostre possibilità, e non sappiamo se dobbiamo essere onorati da cotanto appello o tremare di fronte a ciò.
Questo è ciò che ho pensato e provato nel momento in cui mi è stato riferito che mi sarei dovuto occupare di colui che personalmente ritengo l’autore e regista in assoluto più capace di trasmettere emozioni mai apparso tra di noi: Hayao Miyazaki.





Hayao Miyazaki (Akebonocho, 5 Gennaio 1941 – vivente), secondo di quattro figli, nasce durante la seconda guerra mondiale in una famiglia agiata: suo padre infatti è il proprietario di una fabbrica che produce componenti per aeroplani; durante tutto il periodo bellico, Hayao vive ad Utsonomiya, relativamente al riparo dai pericoli del conflitto.
Sin da piccolo, il nostro rimane affascinato dall’attività del padre, così da sviluppare una vera e propria passione per tutto ciò che vola, passione che egli trasferirà in molti dei suoi lavori di animazione.
Tuttavia, il fatto che gli aerei costruiti, tra l’altro, con i pezzi prodotti da suo padre servano alla prosecuzione della guerra, provoca in lui un senso di turbamento ed una repulsione, elevata poi a principio morale, di ogni forma di bellicismo.
Egli non mancherà di rimarcare, ad ogni occasione, questa sua visione, anche e soprattutto quando deve mostrare gli effetti della guerra sulla vita delle persone[1].
Un altro fatto che ha segnato l’esistenza del “maestro”, e che egli saprà poi sublimare mirabilmente sullo schermo, è la tubercolosi spinale che colpisce, nell’immediato dopoguerra, sua madre e che costringe la donna ad un lungo ricovero ospedaliero; questo episodio scatena in lui un senso di abbandono che, come detto, diventerà in seguito materia per una delle sue realizzazioni più alte in quanto ad intensità emotiva.
Il suo amore per l’animazione si manifesta sin dai tempi delle scuole superiori; tuttavia egli non si iscrive all’Accademia di Belle Arti, bensì alla facoltà di Economia dell’Università Gakushuin, ove ha la possibilità di seguire le attività del circolo dedicato alla letteratura per l'infanzia.
Tra le altre cose, questo circolo presta attenzione ai testi di narrativa ed ai fumetti, sia giapponesi sia occidentali.
Nel 1963 si laurea in Scienze Politiche ed Economiche presentando una tesi sull'industrializzazione giapponese postbellica; a questo punto nulla gli impedisce di dedicarsi totalmente alla sua grande passione: l'animazione. 
Inizia quindi questa sua carriera con un periodo di tre mesi di tirocinio, come intercalatore, presso la “Toei Doga”. Una volta confermato, diventa key-animator, partecipando alla realizzazione di vare serie ad episodi e lungometraggi
Inoltre, all’interno di questa casa di produzione, egli incontra le tre persone che lasceranno una impronta nella sua vita professionale e privata: il suo maestro, Yasuo Otsuka; il suo futuro socio, Isao Takahata; infine una collega di lavoro, Akemi Ota, che sposerà nel 1965 e da cui avrà tre figli.
Nel 1968 viene nominato animatore capo e concept artist del film "Horus: Principe Del Sole", per la regia di Isao Takahata. Quest’opera rappresenta un progetto ambizioso, in quanto ha come obiettivo niente meno che la realizzazione di un prodotto che si differenzi totalmente da tutto quello prodotto fino a quel momento dalla concorrenza, a partire dalla Disney. Ci vogliono più di tre anni per completare questo lavoro.
Paradossalmente, nonostante questo lavoro riceva grandi consensi ed unanimi dalla critica, la Toei Doga lo ritira dopo solo dieci giorni di proiezioni.
In questi stessi anni Miyazaki allarga il proprio orizzonte creativo dedicandosi alla lavorazione dei suoi primi Manga; ricordiamo "Il Gatto con gli stivali" e, soprattutto, "La Tribù Del Deserto".
Vale la pena soffermarsi un momento su quest’ultimo: nella sua realizzazione, Miyazaki non si fa scrupolo di trattare temi forti quali la guerra e la morte, per di più ricorrendo a tinte forti e ad uno stile per certi versi assai “dark”.
Questo, nonostante il lavoro fosse indirizzato ad un pubblico di lettori molto giovani; in realtà è stata proprio questa scelta stilistica a decretare il grande successo del manga, perché ha ampliato la platea dei suoi fruitori, rendendolo appetibile anche ad un pubblico più adulto

Una tavola tratta da "La Tribù del Deserto"
Come se non bastasse, questo manga era caratterizzato dal fatto che molti dialoghi erano riportati al di fuori dei caratteristici "ballon", dotandolo di una sua specifica identità grafica e rendendolo quindi assolutamente originale.
La produzione di manga da parte di Miyazaki peraltro proseguirà fino alla fine dello scorso millennio, permettendoci di fruire di veri e propri gioiellini nel loro genere.
Tornando alla sua attività di cartoonist, all’inizio degli anni settanta Miyazaki, assieme all’amico e sodale Takahata, lascia la Toei Doga per approdare alla A-Pro.
Sotto l’egida di questa casa di produzione, nel 1971, firma le sue prime regie, co-dirigendo alcuni episodi della prima serie di “Lupin III”, il famoso ladro gentiluomo.
In particolare gli vengono affidati la sequenza di episodi dal sesto al tredicesimo inclusi ed il ventitreesimo.
Il cast di Lupin III

La genesi di quest’opera trae origine dal manga omonimo, e di successo, realizzato alla fine del decennio precedente da Monkey Punch, a sua volta ispiratosi molto liberamente alla serie di romanzi Arsène Lupin di Maurice Leblanc.
Miyazaki ritornerà poi a dirigere altri due episodi successivamente, negli anni ottanta, lasciando, in tutti, il proprio segno distintivo, sia dal punto di vista più strettamente registico, sia da quello più generale delle tematiche affrontate.
L’anno successivo è la volta, sempre firmando la regia a quattro mani con l’amico Takahata, del mediometraggio “Panda kopanda” (Panda, piccolo panda). 
Dopo soli due anni di permanenza presso la A-Pro, Miyazaki decide di trasferirsi alla Zuiyo Pictures, sempre in compagnia dell’inseparabile sodale Takahata.
Qui Miyazaki partecipa, con responsabilità varie, alla realizzazione di un progetto ambizioso quanto immane: il “World Masterpiece Theater”, con il quale la Zuiyo si era prefissata di realizzare ogni anno una serie ricavata da famosi romanzi per bambini.
Si inizia così nel 1974 con la serie “Heidi”, tratta dal romanzo di Johanna Spyri, per la regia di Takahara; all’interno di questa produzione, il nostro si occupa della realizzazione degli storyboard, della supervisione della fase di layout, nonché, grazie ad una permanenza in centro Europa, della raccolta di materiale fotografico per le scenografie.
Il grandissimo successo avuto da questa serie ovunque venisse trasmessa, è dovuto non solo alla storia in sé, in cui si raccontano le vicende di una orfanella svizzera e della sua vita tra le montagne, in compagnia del nonno, del cane Nebbia e dell’amico Peter, ma anche, se non soprattutto, allo stile assolutamente realista adottato dal regista.

Un bel primo piano di Heidi

Nel 1975 è la volta di “Marco - Dagli Appennini alle Ande”, ispirato ad una storia contenuta nel libro “Cuore”, di cui Miyazaki cura l’organizzazione e la parte scenografica (con annesso viaggio e permanenza in Italia).
A questa serie farà seguito “Rascal, il mio amico orsetto” (1977), di cui egli fu animatore chiave. 
Si arriva così al 1978, anno che vede il formale debutto di Miyazaki, in solitaria, alla regia; egli infatti firma la serie “Conan, il ragazzo del futuro”, molto famosa anche in Italia, tratta dal romanzo per ragazzi di Alexander Key. Di questa serie egli non fu solo regista, ma anche soggettista e sceneggiatore, character designer, curatore delle scenografie e degli storyboard.
La vicenda si svolge nel 2028, all’indomani di un conflitto così devastante da provocare l’inabissarsi dei continenti e la quasi estinzione dell’umanità.
Tra i pochi che si sono salvati c’è Conan, un ragazzo che vive con il nonno su di un isola detta “Isola perduta”; qui la vita trascorre in armonia con la natura ed in modo relativamente tranquillo.
Questa tranquillità viene sconvolta dapprima dall’arrivo di una fanciulla di nome Lana, quindi da quello di un enorme aereo militare, il “Falco”, appartenente alla città-stato di Indastria, retta da un tiranno di nome Lepka.
A pilotare il “Falco” c’è Ms. Monsley, braccio destro di Lepka, la quale rapisce la ragazza.
Come se non bastasse, Conan perde pure il nonno, che muore nel tentativo di salvare Lana; ora al nostro protagonista non resta che mettersi sulle tracce della ragazza, per liberarla.
Inizia così un viaggio avventuroso che lo porterà, grazie al prezioso aiuto di Jimsey ed altri compagni, a ritrovare Lana, non prima di aver sconfitto Lepka ed aver liberato la città di Indastria dalla sua tirannia.
Conan, Lana e gli altri protagonisti possono finalmente tornare sull’Isola Perduta, per dare vita ad una nuova civiltà umana.
E’ obbligo fermarsi ad analizzare questa serie, nella quale il maestro profonde grande energia e passione creative: nonostante stia lavorando praticamente su commissione, egli non rinuncia ad inserire in tutto il ciclo di episodi aspetti e tematiche a lui molto care, di carattere personale, addirittura, potremmo dire, ideologiche.


Conan ad Indastria

Come nel suo manga “La tribù del deserto” (di cui abbiamo velocemente parlato poco sopra) anche qui si affronta a viso aperto il tema della catastrofe post-bellica, chiaro riferimento a quanto occorso nel suo paese sul finire della seconda guerra mondiale, e, più in generale, sulle tragedie che ogni conflitto porta con sé.
Egli ripropone qui la sua profonda avversione per ogni bellicismo, e ci ammonisce che non esiste nessuna “bella guerra”, ma solo morte, distruzione e miseria.
Non solo, Miyazaki ci impone di fare una profonda riflessione su quello che è il ruolo ed il valore della tecnologia e, più in particolare, del suo utilizzo.
In “Conan” essa, anche quando viene scoperta e sviluppata per scopi benefici, finisce sempre per essere utilizzata in modo distorto ed a fini bellici, finendo per fare più guai di quanto ne voglia risolvere e per ritorcersi contro chi la possiede e la utilizza.
Lana,  protagonista femminile della serie

Si badi bene: il maestro non è affatto contro la tecnologia ed il progresso dell’umanità, in sé e per sé; egli invece si schiera apertamente e decisamente contro un modello di sviluppo economico e sociale che sacrifica tutto, in primis la natura, sull’altare del profitto e dello spreco consumistico.
Quindi si può dire che, più che nel concetto in sé di tecnologia, sia scarsa la sua fiducia nel genere umano chiamato a confrontarsi con questa ed a gestirla.
In tal senso illuminante è il ruolo assegnato in “Conan” al Consiglio Scientifico della città di Indastria: questi uomini, che pure dovrebbero essere i gestori della città, sono invece totalmente avulsi dalla realtà ed ignari quindi di ciò che li circonda.
Essi vivono all’interno di una costruzione detta “Torre del Sole”, ove conducono i loro esperimenti circondati dalla tecnologia ma senza esprimere un briciolo di umanità e senza rendersi conto di come Lepka stia gestendo il potere che essi alla fin fine gli garantiscono.
L’unico scienziato della serie a non avere perso il contatto con la realtà, anzi, ad averne piena consapevolezza, è il Dottor Rao, nonno di Lana, ma anche ideatore di quegli stessi ordigni alla base della catastrofe che ha praticamente distrutto il pianeta.
Egli, ossessionato dal rimorso di quanto successo, cerca di porvi rimedio custodendo gelosamente il segreto dell’energia solare, ultimo a non essere stato ancora rivelato ed utilizzato per scopi militari.
Rao finirà con il pagare con la vita questa sua battaglia contro il male, in tal modo riscattandosi dagli errori commessi in precedenza.
A tutto ciò fa da contraltare la descrizione della natura, con i suoi ritmi e le sue leggi, ed il rapporto che Conan ha con essa, fatto di rispetto ed ascolto.
Nemmeno la comparsa di Lana e tutto ciò che ne scaturisce faranno cambiare il punto di vista del nostro protagonista, in tal senso: prova ne sia che, alla fine di tutto, egli decide ti tornare sulla sua isola, per non perdere il giusto legame con la natura. 
Questa contrapposizione viene rappresentata da Miyazaki non solo dal punto di vista filosofico, e quindi dello sviluppo della storia e dei dialoghi, ma anche da quello grafico.
Se infatti, da una parte, la descrizione dei paesaggi naturali viene curata in ogni minimo dettaglio, dall’altra gli ambienti di Indastria vengono volutamente resi in modo grigio, piatto ed anonimo.  
Complementare al tema della tecnologia e del suo utilizzo vi è quello della democrazia: di nuovo, abbiamo la dicotomia fra mondo rurale, abitato da micro-comunità di contadini, che esercitano una sorta di democrazia collettiva, e la città di Indastria, retta da una tirannia.
Questa metropoli è l’unica forma di aggregazione umana di una certa entità numerica rimasta sul pianeta ed ha mantenuto, dal punto di vista dell’ordinamento economico e sociale, un qualche legame con il periodo pre-bellico.
In questa città tutto è suddiviso in classi sociali rigide ed immutabili; gli stessi vestiti indossati dai suoi abitanti non sono altro che delle divise, le quali riflettono loro classe di appartenenza di chi le porta addosso.
Analogamente, vi è una netta distinzione di ruoli e diritti tra maschi e femmine; queste, tanto per fare un esempio, sono limitate nelle loro attività e sono obbligate ad indossare lunghe gonne, essendo loro proibito vestire i pantaloni.
L’unica ad essere esentata da questo divieto è Ms. Monsley, più per il ruolo assegnatole da Lepka che per altro.
Solo l’arrivo in città di Conan, indubbiamente portatore di altri valori e principi, riuscirà a rompere questa situazione, liberando i cittadini di Indastria e portando addirittura dalla sua parte Ms. Monsley, che diventa protagonista di un emblematico percorso di emancipazione.
Ms. Monsley

Un altro tema che si propone all’interno di questi episodi è la nostalgia e la conseguente idealizzazione del passato, che viene contrapposto alla drammaticità del presente: molti personaggi parlano del periodo precedente all’ultima guerra come di un’epoca idilliaca, rimpiangendola, specie se confrontata con i duri tempi che essi devono vivere
In realtà questo tema è sviluppato in modo più controverso di quanto non sembri, dal momento che in effetti, come pragmaticamente sostiene il nonno di Conan, la situazione del presente è sempre dipendente dalle scelte effettuate nel passato, che quindi va sempre riportato alle sue giuste dimensioni.
Infine un’annotazione, diciamo così, di cronaca: come in altre produzioni, anche in questa abbiamo la presenza di un notevole campionario di velivoli, come già detto vera e sempiterna passione del Maestro, eredità dell’attività industriale di famiglia.
Trasmessa dalla NHK in una fascia oraria infelice, la serie fu inizialmente un fiasco clamoroso, complici anche il fatto che per motivi realizzativi non fu possibile trasmettere gli episodi in modo sistematico, creando in questo modo disaffezione nel pubblico.
Non è forse nemmeno da escludere l’ipotesi che questo insuccesso possa essere dipeso dal fatto che, come detto sopra, “Conan” non era la classica serie di fantascienza finalizzata solamente a far trascorrere a dei ragazzi un po’ di tempo davanti alla TV, ma si prefissava l’obiettivo di parlare di questioni serie nel modo più schietto possibile.
Soltanto con la sua riprogrammazione, con la quale essa è stata trasmessa per intero ed in modo costante, questa serie ha ottenuto, in Giappone, il grandissimo successo che si meritava, successo che è stato un ottimo trampolino di lancio per la sua commercializzazione in tutto il mondo.
Del 1979 è poi un altro titolo molto conosciuto, “Anna dai capelli rossi”, nella quale cede nuovamente il timone a Takahara.
Una sorta di retrocessione, vi chiederete? Niente affatto, anzi, tutt’altro. 
Nello stesso periodo infatti Miyazaki si sta dedicando alla regia del suo primo lungometraggio, dedicato ad un personaggio di cui egli si era già occupato, anche se solo parzialmente, qualche anno prima.
Sto parlando de “Lupin III – Il Castello di Cagliostro”, nel quale il ladro gentiluomo si trova a vivere un’avventura nel castello dei signori di Cagliostro.
Purtroppo per lui, però, questo film, nonostante contenga degli spunti brillanti e sia di buona fattura dal punto di vista tecnico, non si rivela al botteghino quel successo sperato dalla casa di produzione.
Questo fatto lo costringe, almeno momentaneamente, a ridimensionare le sue ambizioni professionali, ed a dedicarsi nuovamente alla produzione di manga.
Paradossalmente, questa sarà la sua fortuna, poiché nel 1982 la rivista Animage lo contatta proponendogli la realizzazione di un manga a cadenza mensile di uscita.
Ecco che così vede la luce "Nausicaä Della Valle Del Vento", il cui successo immediato è tale da “costringerlo”, a furor di popolo, a produrne una versione animata.
(FINE PRIMA PARTE)


REFERENZE
[1] Biografie: Miyazaki Hayao.





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