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mercoledì 25 novembre 2015

Cinema: "Woman in gold"

Di Annalisa Petrella

Un dipinto famoso di Gustave Klimt, appartenuto alla ricca famiglia viennese Bloch-Bauer; la loro figlia, Maria Altmann, una donna coraggiosa e determinata, salvatasi dalle persecuzioni dell’Olocausto fuggendo negli Stati Uniti; un giovane avvocato e una lunghissima battaglia legale, avviata dopo sessant’anni, per il recupero del ritratto e di altre opere di Klimt che il Nazismo aveva rubato alla sua famiglia. Questi gli ingredienti di una storia straordinaria narrata dal regista Simon Curtis (Marylin, 2011) e interpretata dalla bravissima Helen Mirren, affiancata da Ryan Reynolds, nel ruolo dell’avvocato.


Il regista, dopo aver visto un documentario trasmesso dalla BBC che illustrava la storia del ritratto “Woman in Gold”, le vicissitudini della famiglia Altmann e il tentativo di Maria di recuperare l'opera, viene catturato dall’idea di realizzare il film. "La storia ha un potenziale enorme, perché chiama in causa la Seconda Guerra Mondiale, l'Olocausto e l'America contemporanea. - racconta Curtis - Maria Altmann e il dipinto di Klimt sono emblematici di tutto il XX secolo. Entrambi nascono nell'età dell'oro di Vienna, a inizio secolo, ed entrambi finiscono negli Usa, all'imbrunire del secolo Americano". 
A mio avviso, il risultato è sicuramente buono, la storia è avvincente ed Helen Mirren offre una prova recitativa di gran classe. L’attrice, che ha appena compiuto settant’anni portati splendidamente, è entusiasta del ruolo interpretato: si è calata nella parte di un’ottuagenaria piena di vita che, negli anni Novanta, ha intrapreso un percorso doloroso e difficile a ritroso nel suo terribile passato per far rivivere i ricordi e per affermare un senso di giustizia. 
Alla presentazione del film dice: “È una vicenda vera che non conoscevo minimamente, quando ho cominciato a indagare su chi fosse Maria Altmann me ne sono innamorata: divertente, franca e anche seduttiva… assolutamente un personaggio affascinante da interpretare. E poi era una donna molto coraggiosa, piena di forza d’animo. Interpretare Maria Altmann, scomparsa a 94 anni nel 2011, è stato come tornare alla generazione dei miei genitori, che hanno vissuto la seconda guerra mondiale sotto le bombe, a Londra. Inoltre, quello che accadde a Maria è molto simile a quello che è capitato alla mia bisnonna e alla mia prozia che non lasciarono la Russia come mio nonno ma vennero buttate fuori dalla loro casa. Furono cacciate dalla loro dacia, la loro casa di campagna piena di aria e di luce, e costrette a vivere insieme a tutti i loro familiari in una sola stanza in fondo ad un corridoio a Mosca”. 
Il film si muove su due binari paralleli tra presente e passato, i flashback sono ben articolati in una sorta di fluidità emozionale che scorre nel presente sul volto della protagonista attraverso situazioni e attimi sconvolgenti. Interessante la scelta di utilizzare esclusivamente il tedesco per le scene del passato, ambientate a Vienna: non è necessario conoscere la lingua per capire, le riprese trasmettono “verità” lapalissiane sia nei momenti di gioia familiare sia all’arrivo della catastrofe. 
Bellissime e accurate le scene nella grande casa di Elisabethstrasse, in una Vienna irripetibile, dove si organizzano serate musicali e ricevimenti famosi in tutta la città. I due fratelli Bloch-Bauer - il padre di Maria, noto avvocato, e l’altro, magnate dello zucchero - condividono la sontuosa casa insieme con le loro famiglie e poiché lo zio di Maria e la giovane moglie Adele non hanno figli, Maria e la sorella crescono circondate dall’affetto di “quattro genitori” in perfetta armonia. La bellissima zia Adele Bloch-Bauer è l'anima di un salotto nel quale fra gli ospiti s'incontrano personaggi di spicco della cultura e dell’arte: Mahler, Strauss, Schoenberg, Freud, Wittgenstein, Musil e Gustav Klimt. Ed è proprio a Klimt che il marito di Adele, Ferdinand Bloch-Bauer, commissiona il ritratto della moglie. L'artista lo termina nel 1907, nel pieno di quel «periodo aureo» che ne contraddistingue l'opera ai primi del Novecento. Maria ha visto nascere e crescere giorno dopo giorno il capolavoro del pittore, la zia le affidava il compito di allacciarle al collo lo strabiliante collier prima delle sedute di posa, per cui quel ritratto per lei non è un Klimt, bensì è sua zia in persona con la quale ha stretto un legame dolcissimo. Queste le atmosfere fino ai ventidue anni di Maria. 
Con l’avvento di Hitler le memorie vengono oltraggiate e distrutte, la casa e le collezioni di opere d’arte requisite, gli ebrei deportati e, nel 1938, Maria riesce a fuggire, prima a Liverpool e poi negli USA. Non farà più ritorno a Vienna se non per ricomporre, attraverso la lunga battaglia legale, i frammenti di una memoria devastata e cercare una giustizia e una pace che le erano state negate.
Il tema delle restituzioni delle opere d’arte è molto controverso, dopo il 1946 molti paesi rinnovano i loro ordinamenti e tra questi c’è l’Austria che dichiara prive di valore le transazioni basate sulle leggi naziste. Ma la battaglia legale intrapresa dalla Altmann e dal suo avvocato trova mille ostacoli molto ben tracciati nel film: si parla di un testamento della zia Adele che in verità non ha mai visto nessuno e di documenti che vengono occultati dallo Stato Austriaco con una chiara volontà di non restituzione.
Toccante l’intervento di Maria Altmann-Mirren in tribunale a Vienna quando afferma che la restituzione del ritratto, in cui è rappresentata la zia, al di là dei cavilli legali non è altro che il ritorno al suo stato originale, sacrosanto e indiscutibile, per poi aggiungere che non li perdonerà mai di averle impedito di vivere nella sua terra.
Da sottolineare l’intesa tra la donna e il giovane avvocato, anche se Reynolds non è del tutto convincente, in un crescendo di solidarietà e consapevolezza nel viaggio della memoria. Il giovane, di famiglia ebrea, riscopre le proprie radici lontane e mette in gioco tutto se stesso in una battaglia legale che ha come priorità assoluta non il denaro ma la ferma volontà di far valere la giustizia.
Il dipinto dal primo titolo “Ritratto di Adele Bloch-Bauer”, rinominato in epoca nazista come “Woman in Gold”, per evitare che si venisse a sapere che la donna del ritratto fosse un’ebrea, è stato in mostra a Vienna nella «Österreichische Galerie Belvedere» per mezzo secolo ed è ritornato nelle mani della legittima proprietaria nel 2006, dopo lunghi anni di battaglia legale. Maria Altmann aveva 89 anni. 
“Zia Adele ha attraversato l’Oceano come me per trovare la pace”.
Il ritratto, venduto a Lauder per 135 milioni di dollari, è esposto, per volere di Maria Altmann, in mostra permanente nella “Neue Galerie”, 1048 della Quinta Strada, Museo dell’arte tedesca e austriaca di   New-York, con la frase: «Restituito agli eredi di Adele e Ferdinand Bloch-Bauer dalla Repubblica d'Austria».

25 commenti:

  1. Il film è interessante e mi ha commosso. La recensione è perfetta. Laura

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  2. Il film mi è piaciuto tantissimo e pure la recensione

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  3. I suoi consigli sui film sono sempre validi, grazie. Lina Crispi

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  4. Questa bella recensione mi ha incuriosito, andrò a vedere il film. Grazie Annalisa. Alda

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  5. La sua scrittura è sempre elegante e incisiva. Dario

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  6. Mi fa piacere che abbia sottolineato l'amicizia tra l'avvocato e la protagonista. Marco

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    1. La storia si fonda sul loro sodalizio che, da professionale, diventa una splendida amicizia. Grazie. Annalisa

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  7. Come sempre bravaaaaa! Sara Vigoni

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  8. Non ho ancora visto questo film, ma la tua recensione accurata mi ha invogliato.
    Miriam

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    1. Cara Miriam, sicuramente non ti deluderà. Grazie. Annalisa

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  9. Le tue recensioni sono molto godibili e chiare al contrario di quelle che leggo sui giornali. Maria Luisa

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    1. È una soddisfazione riuscire ad essere chiara. Grazie. Annalisa

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  10. Recensione sobria ed elegante. Invoglia a vedere il film. Vittorio

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    1. Grazie, Vittorio, del bel commento. Annalisa

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  11. Helen Mirren è una grande attrice. Grazie da Frida

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    1. Una delle migliori, non per niente viene dal teatro. Grazie. Annalisa

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  12. Ho trovato interessante l'argomento della restituzione delle opere d'arte, uno spunto originale poco trattato. Bella recensione. Chiara

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  13. Grazie, Chiara. Annalisa

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  14. Non ho ancora visto il film ma ne ho sentito parlare molto e penso che andrò a vederlo, se lo trovo ancora.
    La tua recensione è molto ben scritta. Ti ho sentita partecipe anche emozionalmente. Anna catacchio

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