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mercoledì 24 giugno 2015

I pomodori: fino a "ieri" un frutto misterioso

a cura di Mimma Zuffi


Antico come la fame, il pomodoro arriva dall'America per soddisfarla nel modo più povero e saporito. Ma, prima di condire una pastasciutta, ha lenito ferite, acceso cuori, ornato corsetti e scritto persino un pezzettino di Rivoluzione.

I POMODORI: oggi sono in tavola tutto l'anno: rossi, soprattutto sodi, si fanno in insalata, più maturi condiscono la pasta; verdi e… immaturi diventano ottimi sott'aceto. Insomma, i pomodori sono buoni in tutte le salse, e poi sono ricchissimi di vitamine.


UN CIBO DA LUPI
Galeno
Pur non vantando trascorsi né greci né romani, il pomodoro ha una sua antichissima parentesi storica, isolata e misteriosa: Galeno (medico greco vissuto dal 131 al 201 d.C., noto anche che i suoi accesi contrasti con Ippocrate) lo cita tra le erbe medicinali chiamandolo Lycopersicon, "cibo da lupi", perché dopo averlo studiato, lo ritiene velenoso, ma curativo. I semi glieli aveva regalati un soldato che li aveva portati dall'Egitto, dove si era curato le ferite con i frutti alla maniera locale. Ma per avere notizie certe e per attribuire al pomodoro la sua vera patria d'origine dobbiamo andare fino in Messico e Perù. È, in effetti, in questi Paesi che cresce, sin dall'antichità, selvatico, con caratteristiche che lo accomunano alle piante velenose. I frutti sono molto piccoli, grandi come una ciliegia, o poco più, e assomigliano a quelli della Belladonna, della Dulcamara, del Giusquiamo, dell'Erba mora, delle Solanacee, come il pomodoro, e tutte appartenenti alla pericolosa "famiglia dei veleni".

BEN PRESTO SONO CULTURA
Cristoforo Colombo
Curiosi, esperti e infaticabili coltivatori, gli Indios credono nel pomodoro e ne selezionano, presto, un frutto non più tossico e molto interessante. Si presume infatti che quando il pomodoro inizia il suo viaggio alla scoperta dell'Europa, portato dai conquistadores (Cortés e Colombo), vi arriva in doppia versione: selvatica e coltivata. In Spagna approda attorno al 1500, accreditato come pianta magica e medicinale: le notizie che i marinai portano, insieme ai semi, narrano che nella terra d'origine il pomodoro cura le malattie, ma viene anche usato per preparare filtri magici e afrodisiaci. Tanto che le radici vengono subito commercializzate come magico toccasana. Altre descrizioni, più o meno pittoresche, appartengono invece a quegli avventurosi pionieri della natura che incominciano con il coltivare la pianta per conoscerla più da vicino e, incuriositi da questi strani frutti, per primi, osarono assaggiarli: li descrivono simili alla melanzana, ma poco appetitosi e per nulla nutrienti. In un codice erbario del 1500 si legge testualmente: "Mangiai di questi frutti in sonde della paella (padella) con butirro ovvero oglio, ma san di danno e nocivi". Un secolo dopo, e in un altro testo, s'insisterà ancora nel definire gli stessi frutti come "alimentum perexigium et vitiosum".

TOMATA E MELA D'AMORE
Per quanto riguarda il nome da dare al nuovo frutto, le scelte linguistiche degli europei sottolineano le reazioni, positive, negative o neutre, che suscita, al suo apparire, il pomodoro. Gli spagnoli lo chiamano tomata, dal peruviano tomatl e dal messicano xitomate. Ma i francesi preferiscono alludere in particolare alle sue doti afrodisiache, vere o presunte, definendolo pomme d'amour. Lo stesso per i tedeschi, lieber apfel, che vuol dire, appunto, “mela d'amore”. E la pensano così anche i siciliani (i primi in Italia a scoprire i pomodori), che danno loro un nome che manterranno a lungo: puma d'amurri. Il termine "pomodoro" fu invece inventato dallo studioso Soderini, che come prima varietà conosce quella dai frutti giallo dorati.

UN SIMBOLO COME LA MARSIGLIESE

Quando all'alba della Rivoluzione, i pomodori giungono a Parigi dal Sud della Francia - dove, grazie al clima "dolce", crescono generosi e godono di molte simpatie, al contrario del Nord, dove il freddo li rinsecchisce e non dà loro sapore - vengono subito accoppiati alla Marsigliese: gli osti, sensibili al corso politico e al senso degli affari, s'impadroniscono della novità e la servono in mille modi, favoriti anche dal colore truculento, molto in linea con gli avvenimenti. Com'era già successo per la patata, il pomodoro diventa un simbolo, ma questa volta più popolaresco: l'ornamento preferito dalle ragazze è un "giro" di pomodorini sul corsetto.

UNA RIVOLUZIONE ANCHE IN CUCINA
In Italia il pomodoro arriva ufficialmente nel 1600, portato dagli spagnoli, senza però apportare alcuna novità culinaria. Ci vorranno un secolo e l'ingegnosità, stimolata da una fame atavica, dei meridionali per gustare la pastasciutta. Ma a chi va la scoperta della pastasciutta? Sembra a certi carrettieri trapanesi, presto imitati dai contadini della Sicilia orientale, che ai maccheroni o ai vermicelli aggiungono, nell'acqua bollente, abbondanti filetti di polpa di pomodoro. In Campania, patria d'adozione della pummarola, la coltivazione su vasta scala del pomodoro comincia in ritardo, benché la prima piantina avesse attecchito sin dal 1596. Quel che è certo è che alla fine del Settecento nelle locande di Napoli viene venduto a due centesimi un piatto di maccheroni conditi con un po' di formaggio, ma appena appare il sugo il prezzo sale a tre. Nel frattempo i settentrionali continuano a coltivare il pomodoro come pianta ornamentale.

LO SAPEVATE CHE…
William Underwood
- La prima bottiglietta di salsa di pomodoro prodotta industrialmente è americana: la dobbiamo al bostoniano William Underwood che, nel 1835, apre la prima fabbrica per la conservazione dei pomodori.

- L'antenato del concentrato nasce invece a Parma, la famosa conserva nera, così descritta in una scheda di presentazione del 1811 dall'agronomo del conte Filippo Re: "Non solamente il pomodoro viene adoperato quando è fresco, ma se ne cava dal succo spremuto una conserva che si riduce a consistenza solida e viene adoperata… per tutto il corso dell'anno".

- In Grecia e in Italia si credeva  che i frutti mangiati nel giorno di San Simone dalle mamme "in attesa" avrebbero lasciato un segno, la voglia, sulla pelle del nascituro.

- In Germania si credeva che se due persone di sesso opposto avessero mangiato insieme pomodori avrebbero finito con l'innamorarsi.

- La più nota ricetta con il pomodoro? La famosa "Pappa al pomodoro", ottima, ma si sa, amatissima e odiatissima (comunque contestatissima) tanto da diventare un simbolo di rivolta nel collegio di quel pestifero di Gianburrasca.

- Del  pomodoro si usa proprio tutto e non si spreca niente: dai semi, per esempio, si ricava un olio particolare, e dalla buccia una gomma-resina. I piccoli pomodori verdi, che nascono a fine estate, e non raggiungono la maturazione completa, non si buttano, ma sono ottimi sott'aceto.


E ADESSO… UNO SFORMATO IN GELATINA:

Un chilo di pomodori maturi. Una cipolla. Una foglia d'alloro. Olio d'oliva. Sale. Pepe. Gr. 20 di colla di pesce in fogli. Un cucchiaio di aceto di vino bianco. Mezzo limone.
Come si prepara:
Con un'ora di anticipo mettete in ammollo la colla di pesce. Tritate la cipolla e fatela rosolare in 2-3 cucchiai di olio senza farle prendere colore. Aggiungete i pomodori tritati, l'alloro e lo spiccio d'aglio tritato. Salate e pepate. Cuocete a calore moderato 15/20 minuti, fino a ridurre il tutto in poltiglia, poi passate il composto al mulinetto e trasferitelo in una casseruola pulita. Riportatelo a ebollizione e mescolando continuamente fatelo bollire finché avrà ridotto il suo volume a circa mezzo litro. Togliete dall'ammollo i fogli di colla di pesce e fateli sciogliere a bagnomaria per 5/10 minuti. Lasciateli intepidire, poi incorporateli al passato di pomodoro. Unite anche l'aceto e la buccia grattugiata del mezzo limone. Portate di nuovo a ebollizione e lasciate bollire, mescolando, per 2 minuti. Lontano dal fuoco versate nel composto il succo del limone, mescolate e traferite il tutto in uno stampo ad anello ben bagnato. Fate raffreddare, a temperatura ambiente, quindi ponete il frigo per 2-3 ore.
Quando lo sformato sarà ben consolidato, sformatelo e guarnitelo con ciuffi di crescione.

4 commenti:

  1. Che bella storia! Anche il cibo racconta la storia. Se vuoi proseguire potresti leggere la famosa "Ode al tomate" di Pablo Neruda. Brava Mimma, come sempre. Juanito

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  2. Caro Juanito,
    seguirò il tuo consiglio! Vedrai i prossimi....storia e cibo sono realmente connessi. Grazie del tuo commento.
    Mimma

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  3. ho una bella pianta di pomodoro in balcone, non sapevo avesse tutta questa storia.

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  4. Ciao Samantha, tutti i vegetali hanno una storia. Leggerai in futuro...

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