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giovedì 14 maggio 2015

Giovanni Boldini in mostra a Forlì - "Lo spettacolo della modernità" - Conversazione con Leonardo Marinelli


di Annalisa Petrella

La dama di Biarritz, 1896

Incontro Leonardo Marinelli, amico ed esperto d’arte, architetto presso la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Bologna, a Forlì nella caffetteria dei Musei di San Domenico. 
Abbiamo appena visitato la mostra “Lo spettacolo della modernità”, dedicata a Giovanni Boldini, e ci accomodiamo in un angolo tranquillo per fare una
chiacchierata sul pittore e sulla sua arte. 
Il periodo artistico a cavallo tra Ottocento e Novecento mi ha sempre affascinato ma, non conoscendo approfonditamente l’artista, se non per aver letto la sua biografia e aver ammirato a Brera e a Parigi qualche suo ritratto famoso, è un piacere poterne parlare con un “addetto ai lavori”. 
Sorseggiando un tè inglese di tutto rispetto, accompagnato da una fetta di “ciamblòn”, dolce tipico del territorio, inizia la nostra conversazione.





Sui portali esterni, che affiancano l’ingresso all’imponente complesso museale, ex convento domenicano del XIII secolo, sono esposte alcune gigantografie che riproducono ritratti di donne del “bel mondo”, fasciate in lunghi abiti fluttuanti e il visitatore, ancor prima di entrare, viene proiettato nell’atmosfera seducente della Belle Époque. Poiché il percorso della mostra è ben articolato e ricco di opere, sono più di duecento, ti chiedo innanzitutto quale è la tua impressione generale dell’allestimento. 

La mostra, aperta al pubblico fino al 14 giugno, è interessantissima e il fatto non mi stupisce. I musei di San Domenico hanno la peculiarità di organizzare da dieci anni mostre monografiche molto importanti su temi e personaggi, talvolta meno noti al grande pubblico, il cui filo conduttore parte da una realtà locale. Questo pregio va sottolineato, anche se bisogna dire che questa bellissima mostra dedicata al ferrarese Boldini è forse quella il cui legame con il territorio romagnolo appare meno evidente.

 Il Presidente del comitato scientifico Antonio Paolucci, riminese, per la sua competenza scientifica e per l’esperienza di altissimo livello - ha diretto il polo museale fiorentino, è stato Ministro dei Beni Culturali, ora è direttore dei Musei Vaticani - è una garanzia di qualità e, per la mostra di Boldini, si è avvalso di specialisti e curatori molto qualificati come Fernando Mazzocca e Francesca Dini. Spesso visitiamo mostre allestite altrove che vengono trasportate tali e quali nelle varie città e, al di là dell’indubbio valore estetico, risultano prive di progettualità. 

Le mostre organizzate a Forlì, a partire dalla prima del 2005, dedicata a Palmezzano, seguita da quella su Melozzo, su Canova, sul tema dei fiori, su Cagnacci, sul Novecento, sul Liberty e altre tutte interessantissime, hanno creato un modello organizzativo di eccellenza, definito dalla stampa specializzata nel settore “Modello Forlì”, richiamando oltre 800.000 visitatori che hanno ammirato più di 1700 opere provenienti da tutto il mondo. Il progetto, che ha uno scopo scientifico e, allo stesso tempo, estetico-divulgativo, di volta in volta vuol fare il punto su un artista, legato a Forlì o, più estesamente al territorio romagnolo, oppure prende spunto da una grande opera già presente nel museo, per approfondire un determinato tema artistico. Lo abbiamo visto nelle belle mostre dedicate ai fiori o al Canova. Tutto ciò va di pari passo con l’intento di portare alla ribalta anche la città di Forlì, che è forse tra i capoluoghi meno conosciuti dell’Emilia Romagna, ridefinendola sia per i turisti sia per i forlivesi come città d’arte.
A proposito di Forlì ti consiglio oltre alla Pinacoteca, molto fornita, la visita alla basilica di San Mercuriale. Inoltre per chi apprezza l’architettura del Razionalismo italiano c’è da vedere una zona della città con edifici degli anni Trenta – Quaranta. Pregevole!

Autoritratto, 1865
Raccolgo l’idea volentieri e tornerò sicuramente a Forlì. Durante la visita ci si rende conto che la mostra, per la completezza e la ricchezza delle opere esposte, segna un punto importante sullo stato dell’arte relativo agli studi e alla critica sulla pittura di Giovanni Boldini. Dalla sua biografia e dai numerosi autoritratti esposti sappiamo che era un personaggio esteticamente infelice, molto basso, non certo bello, per usare un eufemismo, ma dotato di curiosità, vivacità interiore, cultura e raffinatezza. Amava la bellezza e le donne e sapeva farsi amare, ma la sua grande passione è stata la pittura.Ritratti e autoritratti ripercorrono tutta la sua vita dai tempi dell’esperienza macchiaiola di Firenze a quella parigina con la pittura alla moda. Parliamo delle caratteristiche e dell’evoluzione del suo stile.



Ritengo che la prima formazione del pittore avvenuta a Ferrara nella bottega del padre sia stata di primaria importanza, da lui aveva appreso una grande tecnica e già a cinque anni il piccolo Boldini lo aveva stupito con un bellissimo disegno a carboncino di due teste di cherubini. La sperimentazione in ogni genere pittorico oltre al disegno - si sono trovate nel suo studio dopo la sua morte numerose tavolette a olio, pastelli, acquerelli, incisioni - è una costante che ha accompagnato la sua lunga carriera artistica e lo ha fatto apprezzare immediatamente quando giovanissimo, a ventidue anni, siamo nel 1864, si trasferisce a Firenze, una delle capitali della cultura, per un periodo di studi, e viene presto accolto nel circolo dei Macchiaioli che rappresentavano l’innovazione. Qui ha modo di entrare in contatto con la “buona società” e di farsi conoscere.  
In questo periodo i ritratti e il paesaggio toscano sono i suoi temi preferiti; abbiamo visto il ritratto dell’Avvocato Comotto, del 1865, in cui già si esplicano le notevoli qualità pittoriche del giovane Boldini attraverso i tratti del volto, la posa informale, l’uso sapiente del colore steso con pennellate incisive e la creazione di effetti luminosi che vivificano i personaggi. Noteremo successivamente un’evoluzione nella tecnica del ritratto che si affinerà e inserirà dettagli che nei primi non appaiono.













Mi riferisco alla creazione dello sfondo, non più uniforme, ma animato dalla presenza di oggetti e mobili che elaborano uno spazio scenico più complesso nel quale l’identità del personaggio assume consistenza e dinamismo. Ne è un esempio il ritratto di Giovanni Fattori nel suo studio del 1867.

Per quanto concerne il paesaggio mi ha colpito molto uno dei primi quadri parigini del 1873, dal titolo “Grand Rue a Combs-la-Ville”, in cui traspare chiaramente la sua formazione fiorentina e la campagna parigina ritratta riflette il lavoro sulla campagna dei Macchiaioli, dei quali ritornano i temi, la tecnica e soprattutto la luce.

A proposito di paesaggio toscano nella mostra c’è una sezione dedicata al ciclo della Falconiera. Boldini a Firenze, grazie ai contatti con Cristiano Banti, frequenta gli artisti del caffè Michelangelo, conosce il critico Diego Martelli ed entra nella cerchia elitaria dei viaggiatori e dei residenti stranieri in Toscana, ottenendo un forte consenso con i suoi ritratti. Telemaco Signorini gli fa conoscere Isabella Falconer, facoltosa signora inglese, che ammira l’arte del giovane pittore, lo prende sotto la propria ala protettrice e lo ospita nella sua tenuta di campagna, “La Falconiera”, a Collegigliato, vicino a Pistoia, dove Boldini realizza il ciclo di affreschi. Cosa ne pensi?


Alla Falconiera l’artista si confronta per la prima volta con la tecnica murale e compone un ciclo decorativo di affreschi dal sapore tipico della campagna toscana che sono stati recuperati ed esposti nella mostra. Osservandoli, si coglie una luminosità che si diffonde in un’armonia cromatica molto delicata che ben si adatta al tema della natura. Il critico Bartolini, che ammira il pittore, nota che “il colore e il sapore di quei dipinti sono tipicamente locali, e tiepolesca l’impostazione compositiva con cieli epici e imperiosi che rendono imponente ogni scena”. Li considero un altro tassello del percorso artistico e della personalità di Boldini che è sempre più a suo agio nell’alta società che gli offre la possibilità di lavorare su commissione. Cominciano subito dopo i suoi viaggi a Londra e a Parigi che diventa la sua città di elezione. 

La grandiosità di Parigi e il suo internazionalismo culturale lo folgorano e vi si trasferisce definitivamente nel 1871, entra in contatto con gli artisti della corrente impressionista e crea un proficuo sodalizio con il mercante Goupil che lo lancia nel mondo parigino.   
Nella prima sala sono esposti due dipinti ambientati a Parigi: “Ritratti alla Borsa” di Degas, 1879, e “Scena di festa al Moulin Rouge”, 1889, di Boldini, i due pittori erano molto amici. Entrambi forniscono, in situazioni diverse, una rappresentazione dei tempi nuovi scanditi dai ritmi e dalle pulsioni dell’uomo moderno. Boldini si autoritrae nella scena ricca di personaggi al celebre Moulin Rouge, inaugurato nel 1889, in una sorta di confronto con la pittura degli Impressionisti, che avevano già trattato il tema della Ville lumière.  

Quali le differenze tra Boldini e Degas?

Boldini nei quadri di questo periodo riesce a interpretare il fermento dei cafè-concerts, diventati luoghi simbolo di una commistione sociale, artistica e culturale dove persone di ogni ceto, artisti, operai, professionisti e aristocratici sedevano ai tavoli ravvicinati in un’atmosfera frivola e avida di novità. Toulouse-Lautrec e Degas immortalano nei loro quadri l’attimo del divertimento evidenziando spesso le condizioni tragiche degli emarginati, rivolgendo così la loro attenzione verso un’indagine sociale, mentre Boldini non è interessato a questi aspetti. Nei suoi dipinti parigini focalizza l’attenzione su qualche dettaglio centrale che caratterizza tutta la composizione, come ad esempio il braccio della sciantosa al Moulin Rouge che acquista una vitalità sensuale, simbolo del nuovo mondo che si affaccia alla fine del secolo. Ritrae con pennellate dinamiche e virtuosismi cromatici i clienti abituali e le donne compiacenti raggiungendo una tecnica e un’espressività che lo renderanno sempre più famoso.  Se confronti “L’absinthe” (L’assenzio), di Degas (1875-76), che qui non è esposto, con “Conversazione al caffè”, di Boldini (1877-78), noti subito che le due donne di Boldini al caffè sono descritte con una dovizia di particolari volti a farne emergere il carattere, le personalità, ma il pittore non vuole andare oltre.  












Sappiamo che le due modelle sono le amanti che si sono succedute negli anni parigini: Berthe, la bionda, è stata soppiantata dalla bruna contessa De Rasty che lo ha introdotto sempre di più nel bel mondo. Il quadro ci offre una splendida istantanea, uno spaccato tipico della vita moderna parigina. Degas invece indaga sull’aspetto esistenziale dei due personaggi, scavando nei loro volti assenti e nei corpi affaticati, alludendo esplicitamente ad altro. 

Il ritratto di Giuseppe Verdi del 1886 è una prova ineguagliabile di espressività, mi riferisco a quello con il cilindro e il foulard bianco al collo, realizzato a pastello in poco più di tre ore. Il pittore era molto affezionato al dipinto e rifiutò sempre di privarsene. 

Il ritratto di Verdi è famoso in tutto il mondo ed è vero che Boldini provò un attaccamento particolare per l’opera al punto che non la cedette né a Verdi né alla casa Ricordi. Soltanto nel 1918 la donò allo Stato italiano che la destinò alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. Fu presentato all’Esposizione Universale di Parigi del 1889, alla prima Biennale di Venezia del 1895 e alla personale di Boldini a New-York del 1897, ed è l’immagine più riuscita del grande musicista.




Seguendo l’evoluzione artistica di Boldini arriviamo, dopo gli anni Ottanta, all'apoteosi del ritratto, allo spettacolo della modernità annunciato dal titolo della mostra, mi riferisco alle icone femminili definite dal critico Vaudoyer, suo grande estimatore: “Grandi fiori viventi che il desiderio odora e coglie”. La galleria dei ritratti femminili è stupefacente: si susseguono grandi dipinti a figura intera di donne elegantissime che esprimono una certa inquietudine e il pittore diventa l’interprete dell’universo femminile della Belle Époque parigina con una concezione del ritratto, a mio avviso, tutta nuova e personale che entra nella modernità ma che non dimentica il passato. 

Hai colto a pieno lo spirito dell’artista che è un’interprete geniale del mondo frivolo e mondano della Belle Époque. Nel 1889 il pittore vince la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi con l’opera “Ritratto di Emiliana Concha de Ossa”, ottenendo così un riconoscimento importante a livello internazionale. Seguono una serie di stupendi ritratti femminili, che hai visto nella galleria. Il pittore viaggia per tutta l’Europa curando le proprie esposizioni e i contatti internazionali e nel 1897 espone a New-York. É conteso dai collezionisti più importanti dell’epoca che acquistano le sue opere a prezzi vertiginosi. Contrariamente allo standard medio dei pittori, che solitamente vengono apprezzati dopo la morte, ha la rara fortuna di diventare famoso da vivo e di poter accumulare una ricchezza che gli permette di condurre una vita molto agiata. Sa affidarsi ai mercanti d’arte più qualificati e capaci che lo mettono in contatto con collezionisti di tutto il mondo.
Quali sono i ritratti che hai preferito?

Quello della cantante Madame Charles Max e quello della Dama di Biarritz.

Il ritratto “La Dama di Biarritz” del 1912 è stato scelto come emblema della mostra e richiama la celebre cittadina frequentata all’epoca dall’aristocrazia europea e da alcune famiglie reali. Durante gli anni della Belle Époque la cittadina attirò artisti facoltosi alla ricerca di riposo e di contatti importanti. La dama simboleggia l’ideale femminile di Boldini, la giovane donna, dall’elegantissimo abito rosso con velature bianche sul busto, ha una scollatura generosa che mette in evidenza l’incarnato luminoso che risalta sullo sfondo più scuro, il volto è rivolto lateralmente per osservare qualcosa o qualcuno al di fuori della scena. Il rosso delle labbra e delle gote, il piccolo neo, la postura, il movimento dei capelli, richiamano i concetti di bellezza e vanità, la spallina caduta evoca un senso di malizia, mentre le braccia e le mani una gestualità che allude al dinamismo. 

In questi ritratti trovo che Boldini dia la prova più alta di quel concetto di mondanità scintillante e nevrotica che   segna il passaggio al Novecento. Le donne rappresentate sono silfidi  slanciate, colte nell'attimo di un movimento accennato, come  in Madame Charles Max,  che con la mano destra raccoglie, in  un gesto istintivo, lo strascico dell’ impalpabile abito da sera di un meraviglioso colore grigio perla, anche qui la spallina è caduta   e il volto esprime un vago sorriso, discreto ma allusivo. 
La sensualità flessuosa e raffinata della dama è indubbiamente       l’icona di un nuovo concetto di femminilità.  
                                                                                              
Concordo pienamente, ma prima hai fatto riferimento al concetto di “sguardo al passato” di Boldini nella realizzazione dei suoi ritratti, questo è un elemento da annotare, molto considerato dai critici: accanto alla modernità, alla pennellata libera, all’action painting che lascia spazio negli sfondi a un certo astrattismo, ritroviamo alcuni elementi classici che distaccano il pittore dai ritrattisti del suo tempo e lo avvicinano ad alcuni dei grandi maestri del passato come Velasquez, Goya, Van Dyck. 

Un primo esempio è rappresentato dal ritratto intitolato “Il generale   spagnolo”, del 1867, che testimonia il superamento dell’esperienza macchiaiola e il tentativo di rinnovare i prototipi della ritrattistica ufficiale facendo riferimento ai grandi esempi del Cinquecento e del Seicento.
La solennità del personaggio sottolineata dall’uniforme e dalle decorazioni militari e l’uso della luce sul volto gli conferiscono un’espressività intensa, un misto di orgoglio e malinconia nel profondo. I richiami ai grandi ritratti del passato sono evidenti.

La critica non gli ha risparmiato giudizi duri, i denigratori definivano i suoi quadri “più industria che vera pittura”, gli estimatori al contrario vedevano in essi “il tratto nitido e lampante di un cuore saturo di febbre di vita”, l’originalità di un prestigiatore “dal forte potere d’incanto con i suoi prodigi cromatici”. 

Io credo che il successo conclamato durante la sua vita e una certa autonomia dalle correnti ufficiali dell’epoca, mi riferisco ai Macchiaioli e agli Impressionisti dai quali ha sicuramente attinto, pur mantenendo un punto di vista e un margine di elaborazione personale, abbiano contribuito ad alimentare le critiche negative. Non dimentichiamo poi che agli inizi del Novecento si affermano le Avanguardie, ben distanti da un personaggio come Boldini.  Penso che l’artista fosse alla ricerca di una propria dimensione nuova, moderna, che si è realizzata con la ritrattistica che abbiamo analizzato.

   

Sono d’accordo. Il pittore non è mai stato completamente macchiaiolo o impressionista, ne ha colto lo spirito e le tecniche, producendo opere di grande pregio, ma l’evoluzione creativa così personale si esprime al massimo dopo gli anni Ottanta fino all’inizio del primo conflitto mondiale. Il mondo da lui descritto con la grande guerra crolla, c’è ben altro a cui pensare. Negli ultimi anni di vita poi, muore nel 1931, si ammala seriamente, gli occhi sono compromessi e la sua attività si riduce ed esce di scena. 
Dopo un periodo di oblio, a partire dalla mostra retrospettiva del 1963, che riapre il dibattito su Boldini, la critica ha rivalutato ampiamente le sue opere, riconoscendogli un virtuosismo sbalorditivo la cui qualità e storicità sono imprescindibili nella definizione di un quadro della modernità italiana.
 Ed ecco l’importanza di questa mostra così completa, interamente dedicata all’artista della Belle Époque.

Grazie, Leonardo, è stato un vero piacere fare questo viaggio con te sull’arte di Giovanni Boldini muovendoci tra Ferrara, Firenze, Parigi e il resto del mondo, per approdare a Forlì, città d’arte tutta da scoprire, iniziando dai preziosi Musei di San Domenico. 






27 commenti:

  1. Articolo che ha centrato perfettamente lo spirito della mostra e le caratteristiche dell'artista. Gabriella

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  2. Interessantissimo! Luca

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  3. Bello e interessante, come sempre. Sara Rizzo

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  4. Come sempre fai centro. Interessante e acuta conversazione.
    Miriam

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  5. Andrò a Forlì per Boldini , un pittore da riscoprire. Grazie. Bianca Rossi

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  6. Boldini mi è sempre piaciuto e l'articolo gli rende merito. Complimenti. R. C.

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  7. L'articolo offre una panoramica ben documentata e argomentata dell'artista e della sua opera. Molto interessante. Pia Spinelli

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  8. Le immagini inserite sono talmente belle che ho deciso di andarle a vedere in diretta a Forlì. Eduardo

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  9. Questo articolo rende merito alla mostra che è veramente bella e interessante!
    Lucrezia

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  10. Brava! Approfondito e competente. Salvo U.

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  11. E tu sei magnifico. Per sempre. Grazie!

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  12. Ammiro i ritratti di Boldini e ho letto l'articolo con molto interesse. L. V.

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  13. Sembra di vedere i quadri dal vivo leggendo le descrizioni. Silvana

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