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sabato 6 dicembre 2014

I VICHINGHI

a cura di Giorgia Cafaro

 I Vichinghi
gente che urla

Una voce fuori campo recita il verbo nordico mentre la tempesta infuria in mare facendo affondare un vascello vichingo. Gli uomini della nave si risvegliano più tardi su una spiaggia dalla sabbia bianca, stendendovi i primi morti. Decidono di scalare la scogliera e arrivati in cima trovano un battaglione di evidente superiorità numerica ad attaccarli; stanchi e senza armi li affrontano e li sterminano: perché sono vichinghi, diavolo.






Così inizia “I Vichinghi”, nemmeno un quarto d’ora di film e metà cast è già crepato, ne rimarrà solo uno.
Ma lo so cosa vi state chiedendo, la stessa spinosa domanda che devono aver fatto anche i produttori arrivati a questo punto del copione: dove sono le tette?
E appena ce lo si chiede ecco una donzella che sbuca da una carrozza come un clown a molla - quanto meno hanno avuto la decenza di sceglierla credibile e non la solita femme fatal o bionda cheerleader. Ah, è l’unica donna del film, quindi è pazza. Vede cose, perlopiù putrefatte, e perlopiù inutili: tutto il film si concentra su di loro che scappano dai cattivi e ogni tanto lei se ne salta fuori con una crisi epilettica dicendo: “Stanno arrivando”. Cavolo! E noi che credevamo si fossero fermati a prendere un the. 
Non chiedetevi “perché”: ogni volta che ve lo chiedete un personaggio del film si gira e urla in camera “Vichinghi!”.
La trama è molto semplice e lineare, non che mi dispiaccia; se devi fare un film che sia un’ode alla goliardia maschile, non infilarci intrighi e colpi di scena perché a nessuno in sala frega un accidente; chi va a vedere un film nel cui trailer ci sono solo uomini barbuti e sporchi che urlano vuole il sangue non la storia.
Asbjorn è il figlio di un capo tribù che, non essendosi piegato al nuovo re, è stato assassinato, così lui e quel che rimaneva dei suoi uomini hanno preso il mare per raggiungere gli insediamenti vichinghi in Gran Bretagna, ma la tempesta li fa naufragare in Scozia. Vengono attaccati dalle guardie che stavano scortando la principessa al suo matrimonio, lei diventa un ostaggio che scambieranno in cambio dell’oro che serve loro per comprare l’ingresso nei loro insediamenti. Il re e padre della giovane invia dei mercenari alla ricerca della figlia ma questi decidono di ucciderla perché non vogliono succeda al trono.
Bon, fine della trama. Niente profonda introspezione dei personaggi, niente analisi dei rapporti umani, mitologia norrena spruzzata col contagocce e veridicità dei combattimenti pari a zero. E va benissimo così, il film è semplice e godibile, senza buchi di trama o deliri di sceneggiatura. 
Gli attori sono tutti divinità scultoree ricoperte di fango, capelli lunghi perennemente davanti agli occhi e muscoli ben in vista. Perfino il vecchio è figo, avrà visto giorni migliori ma ha un suo perché. In una scena ci sono persino due o tre vichingoni a petto nudo che si tirano secchiate d’acqua, cosa volete di più? Un paio di personaggi tentano pure di essere teneri e speranzosi, per questo muoiono subito dopo. 
Asbjorn, il protagonista, è perennemente in posa davanti alla telecamera e il minore dei crudeli fratelli mercenari si deve esser fatto venire il torcicollo a furia di stare con il mento abbassato e la mascella protratta (lui è cattivo, grr), mentre il maggiore somiglia inquietantemente a John Waters (tranne quando muore, lì mi ha ricordato il Meme Awkward Seal e sono scoppiata a ridere. Sì, sono una brutta persona).
Anatole Taubman alias Bovarr

 
John Waters
L'Akward Seal















Scene clou del film sono: 
I giochi pirotecnici del monaco cristiano che somiglia più a un monaco shaolin, ma l’importate è che è interpretato da quel gran figaccione di True Blood.
Asbjorn che da solo si butta da una scogliera mentre le onde diventano cavalloni, si infila in una grotta, per altro allagata, e ne esce remando su una canoa circondato dall’aura del suo testosterone.
La principessa veggente Inghean che toglie la freccia dalla spalla dell’eroe e ci ficca dentro del muschio totalmente a caso… Beh, almeno tappa il buco.

È evidentemente un film per signore single e di una certa età, godibile anche da uomini con la birra in una mano e il cosciotto di maiale nell’altra. Leggero e fruibile perché semplice e senza pretese. Pochi secondi prima del finale te lo senti nella pancia che non arriveranno da nessuna parte: Odino fa che sia una trilogia, il mondo ha bisogno di trilogie in cui un branco di uomini muscolosi e barbuti corrono e urlano senza lavarsi.



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