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martedì 21 ottobre 2014

"Vino rosso sangue" di Fabrizio Borgio

Recensione e intervista all'autore
a cura di Paola Carbellano


Frilli Editore, Collana Tascabili Noir, € 9,90

Lasciati i toni misteriosi e soprannaturali di vicende legate alle streghe piemontesi, l'autore ci regala la prima indagine dell'investigatore privato Giorgio Martinengo, attivo in Piemonte tra Langhe e Monferrato. 
 

La figlia del patron delle cantine Rondissone lo contatta per un incarico all'apparenza molto semplice: qualcuno ha rubato dalla sede del Consorzio una prestigiosa bottiglia di Barbera superiore e lei vuole ritrovarla. 



L'incarico però si rivela più complicato del previsto e l'indagine si tinge ben presto di giallo con la scoperta della scomparsa del proprietario della cantina e con un inquietante  ritrovamento durante la rilevazione di alcune impronte digitali.
Quale mistero nasconde la cantina? Il vecchio Rondissone è sparito davvero? A che cosa può portare la mancanza di scrupoli e la sete di guadagno? 
L'indagine ci tiene incollati al libro grazie ad un intreccio ben articolato e alla presenza di Giorgio Martinengo, investigatore privato solitario, asciutto che va diritto all'obiettivo. Gran conoscitore di vini, sfodera un fascino tutto particolare nello svolgimento del suo lavoro e nell'interazione con i suoi committenti. Si muove con sapienza in quella particolare zona piemontese a metà tra la Toscana e la Francia dove è bello perdersi e anche immaginare di vivere.  
E così, inseguendo il profumo dei rossi piemontesi, strutturati e famosi in tutto il mondo, lo Sherlock della Langa riesce  ad arrivare lontano, fino in Romania dove il business delle sofisticazioni alimentari ha fatto già più di una vittima. 


Godetevi questo giallo della scuderia Frilli e la nostra intervista all'autore riportata qui di seguito.
Fabrizio Borgio
D. Vino Rosso Sangue è la prima indagine affidata all'investigatore Giorgio Martinengo. Lei aveva già creato un altro investigatore anche se specializzato in paranormale. Perché questo nuovo investigatore? Lo immagina impegnato anche in altre indagini? 
R. Giorgio Martinengo è nato dalla volontà del mio editore di veder nascere una serie di gialli/ noir scevri da componenti soprannaturali che coprissero quel Piemone più campagnolo e caratterizzante che è rappresentato dai miei territori: Langa e Monferrato. Creare Martinengo è stata una sfida alla quale infine ho deciso di rispondere. L'intenzione è di proseguire sia le storie di Stefano Drago (l'investigatore specializzato in soprannaturale de "Le Masche", ndr) sia coltivare nuovi casi per Giorgio Martinengo. 

D. Da anni viene affidata al genere giallo/noir la denuncia di mali sociali e di varie forme di corruzione e deriva morale. Come ha deciso di iniziare a scrivere romanzi di questo genere? 
R. Premettendo che amo tutta la letteratura, verso quella di genere ho dei debiti particolari. Ho iniziato a leggere regolarmente e con piacere quando avevo circa dodici anni, scoprendo la fantascienza, poi sono passato all'horror, alla grande narrativa e infine al noir e ai gialli. Questi ultimi due generi, effettivamente, stanno dimostrando la capacità di andare a fondo della nostra società, di sondare e sviscerare con cura e una dovizia che soltanto il meccanismo d'indagine e ricerca sembra essere attualmente in grado di dare per stimolare le coscienze. Fermo restando che non intendo pormi degli steccati nei confronti di quel che scrivo, attualmente, il giallo/noir sembra la via preferenziale attraverso la quale coinvolgere i lettori, in particolare per uno scrittore italiano. 
 

D. Quali sono le fonti d'ispirazione per la scrittura dei suoi romanzi? S' ispira anche alla cronaca? In altri termini come nascono le storie che ci racconta? 
R. Storia, cultura e tradizione della mia terra compongono l’humus nel quale germogliano buona parte delle mie idee ma è inevitabile, nel momento in cui ci si muove nell’ambito più generico del noir, che la cronaca e non necessariamente solo quella attuale, diventi un potente motore ispiratore. "Vino Rosso Sangue" ne è un esempio dichiarato. Per il resto, le mie storie nascono per sedimentazione. Idee, pensieri, schizzi, frasi, descrizioni apparentemente libere e slegate tra di loro, si accumulano sui miei taccuini poi, lentamente, mi diverto ad assemblarle, fino a ottenere un quadro che stimola una scrittura sistematica. 


D. Ad esempio, la tematica scelta per il suo ultimo romanzo è molto attuale: in tanti negli ultimi anni si sono scoperti appassionati di vino e la zona delle Langhe è stata presa d'assalto. Ha riscontrato un cambiamento nel territorio? Qualcuno può aver fiutato dei guadagni facili? 
R. Il territorio è in costante trasformazione. Le spinte di domanda e offerta sono come forze tettoniche che possono plasmare il paesaggio. Il riconoscimento UNESCO è stato il frutto di un lavoro di valutazione lungo, complesso e, per molti versi, infine, incompleto, ma rimane fondamentale per operare una sorta di congelamento soprattutto verso il costante pericolo di speculazioni. Inevitabilmente, anche in una realtà così affermata, l’illecito è presente. I fatti che hanno ispirato la vicenda di Vino Rosso Sangue ne sono una plateale dimostrazione. 

D. I posti dove ambienta le sue storie, se non erro, sono quelli dove è vissuto. É importante, secondo lei, scrivere di luoghi e cose che si conoscono direttamente? 
R. É assolutamente vero. É la mia terra e l’esigenza di raccontarla, anche  attraverso le pieghe più oscure, la vivo come una passione e un dovere. Una delle regole elementari che si ritrovano in manuali e consigli di scrittura è sempre “scrivi di quel che conosci” ed è probabilmente uno dei rari punti che rispetto al riguardo. Un occhio esterno a un luogo, a una realtà, può sì coglierne aspetti inediti e soggettivi ma l’anima, lo spirito dei luoghi, ho idea che si possano raccontare solo se ci si è nati e vissuti. Legati intimamente dalle origini. In questo la lezione di Pavese è esemplare: l’universale nel particolare. 

D. Quando confeziona un romanzo, preferisce buttar giù una traccia e poi passare a successive versioni corrette oppure completa ogni sezione di un'opera? 
R. Devo confessarlo: non sono molto tecnico nella stesura. Parto da una traccia, sovente vaga dopo di che scrivo “ ad orecchio”. Di quasi tutti i libri che ho scritto finora, non avevo assolutamente idea come si sarebbero conclusi. Perché le storie a un certo punto vivono di vita propria e ti guidano dove meno ti puoi aspettare. "Vino Rosso Sangue" ha rispettato questa tradizione. Quando l’ho iniziato, avevo solo in mente la bottiglia rotta nella sede del Consorzio, il personaggio di Martinengo con la sua cultura e i camion dalla Romania. Poi, capitolo dopo capitolo, l’intreccio si è palesato. Tendo a rileggere e correggere ogni singolo capitolo fino a ottenere una prima stesura che considero completa per circa l’80% dell’opera complessiva. Il resto è lavoro di lima e di bulino. 


D. Quando scrive, pensa già a un ipotetico pubblico o lo fa solo "per se stesso"? 
R. Scrivere è una pulsione intima e personale ma un occhio verso chi mi legge è doveroso. L’abilità nel gioco scrittore/lettore è riuscire ad appassionare il lettore a quel che lo scrittore vuole trasmettergli e non scrivere a comando. Questo è esattamente quello che mi sforzo di fare. 


D. Qual e' il suo lettore ideale? 
R. Non dovrebbe esistere un “lettore ideale”, m' interessano i lettori come m' interessa l’umanità in generale. Inevitabilmente però, coloro che riescono a trasmettere un feedback sul libro verso l’autore, sono sicuramente i più stimolanti. 

D. Venendo ai suoi gusti letterari, quali sono i suoi autori preferiti? 
R. Sono molti e differenti. Sui due piedi posso citare tra gli stranieri Clive Barker, Peter Hoeg, David Grosman, James Joyce e Miller; tra gli italiani, inevitabilmente Fenoglio, Pavese, Tabucchi e tra gli specifici Scerbanenco e Morchio ma mi sento già in colpa per la miriade di altri che ho omesso…  

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